WILD WILD COUNTRY [SubITA]
Titolo originale  Wild Wild Country
NazionalitĂ : USA
Anno: 2018
Genere: Documentario, Drammatico, Serie TV, Spirituale
Stagioni: 1 [miniserie] – Episodi: 6 – Durata: 65 min. [episodio]
Autori e Regia: Maclain Way, Chapman Way
La storia di una persecuzione
Editoriale di Majid Valcarenghi, n.41 di RE NUDO, trimestrale tematico per l’evoluzione dell’essere. Questo numero della rivista completa e corregge l’informazione data da Wild Wild Country e ricorda la mobilitazione avvenuta in Italia per Osho.
Il programma Wild Wild Country che molti di voi avranno visto (su Neflix) racconta in oltre 6 ore di trasmissione le vicende della comunità di Rajneeshpuram in Oregon dove negli anni ’80 la segretaria di Osho Ma Anand Sheela, comprata una vasta area di deserto, vi fece costruire una grande comunità , autosufficiente. L’esperimento durò oltre quattro anni, un esperimento dove paradiso e inferno si sono incontrati nell’esperienza di tanti.
In questo lungo documentario è mancata la presenza di Osho, la percezione dell’immensità del suo insegnamento, però ha portato una ventata di energia e di attenzione su un periodo della storia di Osho meno conosciuto ma di grande importanza. L’idea di dedicare gran parte di questo numero di Re Nudo a quegli anni nasce proprio per cercare di colmare quelle lacune di Wild Wild Country e per far conoscere alle nuove generazioni di amici di Osho un pezzo di storia così come l’abbiamo vissuta e interpretata in Italia. Il materiale è tratto in massima parte dal giornale Liberation Times che ho iniziato nel marzo 1986 allo scopo di sostenere la campagna d’opinione in Italia perché venisse concesso il visto d’ingresso a Osho. Abbiamo suddiviso il materiale in tre parti.
La prima riguarda alcuni fatti che accaddero a Rajneeshpuram raccontati dal giornalista Max Brecher, autore anche di un libro “Passaggio
in America” e dopo alcuni stralci di discorsi di Osho. Sull’esperienza di Rajneeshpuram poi alcune testimonianze dirette di alcune terapeute discepole di Osho.
La seconda parte riguarda la documentazione e la rievocazione di quello che accadde in Italia dopo che fu negato il visto d’ingresso a Osho (come gli fu negato in altri 20 Paesi). Una vera e propria campagna d’opinione che condussi con il sostegno determinante di Marco Pannella e del partito Radicale. Una lunga campagna sostenuta anche da centinaia di intellettuali, artisti, parlamentari di diversi gruppi e ovviamente anche da centinaia di sannyasin. Una campagna che toccò anche la Germania e il parlamento Europeo denunciando e documentando il ruolo attivo della diplomazia e dei servizi americani che misero in atto una vera e propria persecuzione come la definì Lorenzo Stirk Lievers, un parlamentare radicale dell’epoca.
La terza parte riguarda quello che mettemmo in atto su indicazione di Osho. Un’altra formidabile campagna d’informazione che riuscimmo a mettere in campo grazie allo strumento che Osho mi chiese di utilizzare e cioè un Partito tutto nostro che chiamò Partito Scientifico Rivoluzionario Internazionale e del manifesto che mi disse di scrivere dal titolo Zen e Politica. Anche qui avemmo il sostegno di una intellighenzia politico- culturale che non si era lasciata fuorviare dalla cattiva stampa di cui Osho godeva all’epoca. E negli anni successivi una ulteriore campagna se possibile ancora più imponente a sostegno del libro bianco Operazione Socrate che pubblicammo dopo che Osho aveva lasciato il corpo per affermare l’unicità del suo insegnamento, con la spaventosa documentazione del suo molto probabile avvelenamento che lui stesso denunciò pubblicamente.
Questa documentazione non risponde però alla domanda che mi sento spesso fare che è “Ma Osho sapeva di Sheela e quanto sapeva?”. Non ho una risposta perché non ho vissuto quei momenti, non vivevo a Rajneeshpuram se non per qualche settimana all’anno. A chi sostiene che Sheela dicesse tutto a Osho posso solo dire non tutto e di questo sono certo per esperienza diretta. Quando Sheela chiese a noi di Miasto di chiudere la Comune, Pratiti, la responsabile dell’epoca rispose chiaramente: solo se questo me lo dice il Maestro. E non accadde mai. Se Sheela avesse potuto farci avere un messaggio diretto l’avrebbe fatto eccome, tanto ci teneva a farci chiudere per realizzare la sua visione di tenere aperte solo alcuni grandi comunità metropolitane, dove concentrare i sannyasin da tutto il mondo.
Poi ci sono stati momenti della storia con Osho che mi hanno fatto vedere quanto non fosse ordinario il suo rapporto col potere politico. Tante guide spirituali hanno sempre cercato protezione dal potere politico, solo i grandi Maestri hanno rifiutato una protezione politica, anzi spesso come anche Osho fece sfidandolo. Io so che in America due membri del Congresso del Partito Democratico gli chiesero di poter avere un colloquio riservato e in India con Indira Gandhi ricevette inviti per audizioni speciali private a cui sempre rispose come avrebbe risposto a tutti: io sono qui, se siete interessati venite.
Se Osho avesse avuto una mente diplomatica ordinaria non avrebbe inoltre sfidato apertamente il Presidente del paese di cui era ospite o in India non avrebbe attaccato i tradizionalisti sempre al potere. Un dettaglio da me vissuto direttamente riguarda anche il rapporto con Marco Pannella. Leggerete qui diverse pagine che documentano il grande aiuto che il partito Radicale diede a Osho e a noi discepoli. Ma quando alla fine, vinta la battaglia, Pannella si propose per una visita di due giorni a Poona, Osho rispose che era il benvenuto ma che almeno si sarebbe dovuto fermare una settimana. Molti di voi sapranno che quando i politici organizzano incontri ad alti livelli mai dedicano più di una mezza giornata o una giornata al massimo all’evento.
I due giorni programmati da Marco erano già qualcosa in più ma sempre nell’ottica di un incontro di tipo diplomatico. Quindi è apparso subito chiaro che Osho chiedendogli di fermarsi almeno una settimana voleva dire che non era interessato ad un incontro “politico” ma che chiedeva a Marco di vivere per qualche giorno l’energia e la dimensione spirituale dell’Ashram. Alla risposta di Pannella che non avrebbe potuto per altri impegni già presi, risposta politica perché mai Pannella avrebbe potuto e voluto programmare una settimana se non per un interesse per la meditazione che non aveva. Osho rispose “Allora vieni quando ti sarà possibile”.
Il leader radicale si offese, non era abituato ad un relazionarsi di questo tipo. Come si offese nei miei confronti, quando mi propose di entrare in Parlamento e io gli dissi che partecipare ai lavori della Camera non era compatibile in termini di tempo con l’essere responsabile della Comune di Osho Miasto. Per l’appunto Osho era una Guida spirituale che non faceva conti politici. Sennò avrebbe accettato, perché il ritorno mediatico e d’immagine per lo meno in Italia sarebbe stato alto. Comunque tutti questi sono dettagli.
A mio avviso quello che conta nel rapporto con Osho è quello che senti di aver ricevuto come conoscenza, come energia, come crescita personale. E per me questo è l’unico criterio che mi fa accettare Osho come Maestro senza riserve e a cui resterò grato per sempre. [Re Nudo agosto 2018]
Recensione: renudo.it
Abbiamo chiesto al piĂą celebre dei discepoli italiani di Osho che ne pensa delle serie di Netflix e di raccontarci cosa cosa accadde dopo…
Prima di diventare meme a sua insaputa (le più belle frasi di Osho) e prima di essere un autore di best seller, Osho è stato un importante leader spirituale: correvano gli anni 80, come racconta Wild Wild Coutry, la docu-serie di Netflix, che ripercorre in 6 episodi la creazione di Rajneeshpuram, la community in Oregon, alla quale accorsero Sannyasin (i cosiddetti arancioni, ndr) da tutto il mondo.
Una vicenda che nacque con le migliori intenzioni e finì male, malissimo. Insediarsi nel cuore dell’America cristiana e reaganiana non fu una buona idea: la serie di Netflix racconta i conflitti che ne derivarono con i locali e in seguito con la polizia, che arrivò a incarcerare Osho, mentre la sua collaboratrice, responsabile della deriva settaria dei Sannyasin, fuggiva – come da copione – con la cassa. Quello che forse non tutti sanno è che la vicenda di Osho e dei suoi seguaci, tra cui anche il compianto Mauro Rostagno, non si esaurì con l’arresto del leader e la chiusura di Rajneeshpuram, ma ebbe anche un’eco italiana.
Il nostro paese, grazie all’intervento dei Radicali, fu uno dei pochi al mondo a non chiudere le porte a Osho, su invito (diciamo così) degli Stati Uniti. A introdurlo a Marco Pannella, che da vecchio leone dei diritti civili ne sposò la causa, fu Majid Valcarenghi, fondatore di Re Nudo, la prima rivista di controcultura e controinformazione italiana e fucina del mitologico Festival degli anni 70 al Parco Lambro di Milano. E a lui che Panorama ha chiesto un’opinione sulla serie di Netflix Wild Wild Country, e la sua versione di quello che accadde dopo…
Majid ha visto la serie di Netflix su Osho?
“Sì, e posso dire che ho apprezzato la prima parte abbastanza fedele alla realtĂ . Invece verso la fine, ci sono manipolazioni dei fatti che danno una idea distorta della figura di Osho. Ad esempio fanno credere che Osho riprenda a parlare il giorno in cui Sheela (la segretaria, ndr) scappa dalla Comune mentre invece aveva ripreso a parlare 10 mesi prima e per un lungo periodo cercò di mostrare a Sheela il disastro che aveva combinato, identificata com’era nel ruolo di papessa e trasformando l’insegnamento di Osho in una religione. Grave a mio avviso infine anche il non aver riportato neanche una parola del discorso di Osho in cui denuncia di essere stato avvelenato col tallio dagli americani”.
Operazione Socrate
Sì, avete letto bene. Avvelenato. In un libro intitolato Operazione Socrate – Il caso Osho Rajneesh. Come e perchĂ© è stato ucciso il maestro spirituale piĂą discusso della nostra epoca (Uno Edizioni) Valcarenghi e Ida Porta a suo tempo spiegarono come Osho fosse stato avvelenato dai fondamentalisti religiosi. Accuse – va detto per correttezza – sempre rigettate dal governo americano.
Eppure Wild Wild Country ha ottenuto grandi consensi di pubblico e critica. Secondo lei cosa altro mancava?
“In una docuserie su Osho avrei evidenziato la sua unicitĂ nel comunicare fuori da ogni concezione filosofica, teologica, ideologica. Il suo insegnamento rispecchia la realtĂ della natura che è di per se contraddittoria “per natura” appunto. E la natura a volte appare crudele oltrechĂ© contraddittoria. Il suo insegnamento non può in nessun modo essere ingabbiato in nessuna categoria”.
Quando la “comune” in Oregon chiuse, Osho stava per venire in Italia, è vero?
Sì, ma non venne. Lo invitammo quando fu costretto a lasciare gli Stati Uniti e quando fu respinto da 21 Paesi per l’accanimento dei servizi americani nei suoi confronti. Eclatante il caso dell’Uruguay, dove l’allora Presidente Sanguineti disposto ad ospitarlo, fu ricattato dal governo americano che minacciò di revocare il prestito di 6 milioni di dollari elargito al suo Paese. Lo invitammo in Italia ma l’allora Ministro degli Interni Scalfaro rifiutò il visto d’ingresso”.
E allora intervenne Pannella…
A seguito di questo rifiuto mi rivolsi a Pannella e col Partito Radicale iniziai una campagna d’informazione di opinione durata mesi e che vide aderire personalitĂ come Federico Fellini, Liliana Cavani, Giorgio Gaber, Luigi Manconi per citarne alcuni, perchĂ© venisse revocato il divieto. Il Ministro convocò l’allora Segretario del Partito Radicale Sergio Stanzani e gli fece vedere il dossier dei servizi americani che definivano Osho pericoloso terrorista, pedofilo, drogato, stupratore. Dossier che convinse definitivamente il Partito Radicale come ci fosse un accanimento paradossale e unico da parte americana, che confermava quanto da me sostenuto nel libro Operazione Socrate, in cui denunciavo l’avvelenamento di Osho col tallium, un metallo pesante a lentissima cessione che Osho stesso ha dichiarato essergli stato somministrato durante i giorni passati in prigione”.
Come andò a finire?
“Alla fine iniziai uno sciopero della fame e dopo 21 giorni Scalfaro revocò il divieto. Ma ormai il fisico di Osho minato dal veleno lo aveva debilitato troppo per poter viaggiare e rimase in India”.
Lei ancora oggi è un punto di riferimento per i Sannyasin in Italia…
“I sannyasin sono persone libere non esiste un movimento organizzato con un leader. Quindi c’è chi si riferisce a me e c’è chi neanche sa che esisto, soprattutto tra i nuovi sannyasin. Certo, avendo pubblicato un libro come Zen e Politica, che mi fu dato da scrivere direttamente da Osho (e che recentemente è stato ripubblicato dalla OM edizioni) ci sono molti sannyasin che sono in sintonia con quel Manifesto voluto dal Maestro”.  [Panorama 22 maggio 2018]
Recensione: panorama.it
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